ECCO UN POLIZIOTTO CHE PORTA LE MOLOTOV DENTRO LA SCUOLA
- È UN “ISPETTORE DELLA DIGOS DI NAPOLI”
– LA DIFESA: “ABBIAMO IMBROGLIATO, EMBÈ?”
- LE DUE ‘MOLOTOV’ ERANO La prova CHE avrebbe poi giustificato IL MATTATOIO-DIAZ
Massimo Calandri per "Repubblica.it" - Foto da Repubblica.it
Dall'inchiesta Bbc sull'irruzione della Polizia alla Diaz (da Repubblica.it)
La fotografia-simbolo di quella notte maledetta. Inedita. Oscura. Inquietante. È stata estrapolata da un filmato girato da un operatore Rai e depositato dalle parti civili il mese scorso.
Nel mosaico riportato qui a fianco, è il quadrato sulla destra in alto.
Si riconoscono il cortile della scuola Diaz, le sagome dei
funzionari di polizia che si allontanano
dopo aver chiacchierato a lungo intorno al sacchetto azzurro con le due bottiglie incendiarie. Sullo sfondo le grandi finestre dell´istituto, le stanze illuminate.
E
a sinistra - piccolino, cerchiato di rosso - il profilo di un uomo sulla soglia dell´ingresso laterale.
È di spalle, in borghese, indossa un casco protettivo.
Nella mano sinistra stringe qualcosa. Sì.
È il sacchetto azzurro delle molotov. Accanto riporta una didascalia in inglese,
perché l´immagine fa parte di un´inchiesta giornalistica della Bbc di prossima pubblicazione:
«Naples Digos Inspector entering Diaz Pertini».
Si tratta cioè del fantomatico ispettore della Digos di Napoli
che introduce materialmente nella scuola le molotov della vergogna,
una della prove fasulle
- la "regina" delle prove false -
con cui la Polizia di Stato avrebbe voluto "giustificare" il massacro
e le manette ai 93 no-global. Dall'inchiesta Bbc sull'irruzione della Polizia alla Diaz (da Repubblica.it)
Il documento è paradossalmente eccezionale.
Perché da un lato rappresenta il punto di non ritorno della vicenda:
ecco come le forze dell´ordine hanno truccato le carte, barato, mentito fin dalla prima ora di quella notte dannata.
È tutto vero:
fu un pestaggio cinico e bestiale, e i servitori dello Stato preferirono raddoppiare l´orrore - aggiungendo alla carneficina l´ingiustizia della prigione -
piuttosto che ammettere le proprie responsabilità, il fallimento. Ma d´altro canto, quella spaventosa bugia è così chiara, solare, che persino alcuni avvocati della difesa nella loro recente arringa la davano per scontata.
Alla Diaz abbiamo imbrogliato, embé? La catena è stata definitivamente ricostruita nel corso di quasi quattro anni di dibattimento e centocinquanta udienze.
L´agente Michele Burgio prende le due molotov - che erano state sequestrate nel pomeriggio durante gli scontri di corso Italia dal
vice-questore Pasquale Guaglione,
e da lui affidate a
Valerio Donnini,
padre degli specialissimi nuclei anti-sommossa e capo di Burgio -
e nel cortile della scuola le consegna al
vice-questore Pietro Troiani.
Il funzionario le mostra al collega
Massimiliano Di Bernardini.
Poi entra in ballo
Gilberto Caldarozzi, l´uomo che qualche anno dopo avrebbe partecipato alla cattura di Bernardo Provenzano.
Qualche minuto più tardi,
il sacchetto azzurro delle molotov è impugnato da Giovanni Luperi
e mostrato agli altri super-poliziotti che gli si fanno intorno.
E questa, di immagine, la conosciamo bene.
Quello che succede dopo ce l´hanno raccontato gli stessi protagonisti in negativo del blitz.
Luperi, attuale direttore dell´ex Sisde,
ricorda di aver chiamato una funzionaria che stava all´esterno della scuola.
Perché mai? Per affidarle il reperto, che pure in quel momento
- visti gli sviluppi successivi -
aveva una straordinaria importanza investigativa.
Bene: Luperi chiama
Daniela Mengoni e le dice di avere cura delle molotov. E la Mengoni che fa? A sua volta chiama un sottufficiale. «Credo fosse un ispettore della Digos di Napoli».
Dall'inchiesta Bbc sull'irruzione della Polizia alla Diaz (da Repubblica.it)
Credo, dice. Non ne conosce il nome, non è in grado di riconoscerlo.
Nessuno degli ispettori Digos napoletani, rintracciati anni dopo dai magistrati, corrisponde a quello indicato dalla donna.
E dunque, con lui e il sacchetto si avvicina all´entrata secondaria della scuola Diaz.
Chissà perché. Si avvicina, e gli affida la prova «regina».
Le molotov, che il nostro codice equipara ad armi da guerra.
La prova intorno alla quale avrebbero poi giustificato l´intera operazione.
«Tienile un momento, che devo fare una cosa».
Lo molla lì. Quando torna, le bottiglie incendiarie saranno allineate sul lenzuolo che ospiterà il resto dell´
"arsenale" sequestrato ai fantomatici Black Bloc della Diaz:
i coltellini multiuso,
le sottile anime in alluminio degli zaini fatte passare per spranghe,
gli assorbenti femminili,
la biografia del reverendo Jesse Jackson fatta passare per materiale "eversivo".
E i picconi, le mazze rubate da un vicino cantiere.
[12-11-2008]