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 Bobby Sands, un martire per la libertà. 5 Maggio 1981 - 5 Maggio 2009

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MessaggioTitolo: Bobby Sands, un martire per la libertà. 5 Maggio 1981 - 5 Maggio 2009   Bobby Sands, un martire per la libertà. 5 Maggio 1981 - 5 Maggio 2009 EmptyLun Mag 04, 2009 8:09 pm

Bobby Sands, un martire per la libertà.

Bobby Sands, nato nel 1954 ad Abbots Cross, sobborgo settentrionale di Belfast era un ragazzo tranquillo, cresciuto a Rathcoole, si trasferì diverse volte con la sua famiglia a causa delle costanti intimidazioni subite dai protestanti e, nel 1972, dovette addirittura lasciare il lavoro di apprendista carrozziere per le minacce sollecitate dai suoi colleghi. Stanco dei soprusi, poco più che diciottenne, decise di entrare a far parte dei Provos, l’esercito del Popolo, l’I.R.A. e, pochi mesi dopo, venne arrestato per porto abusivo di arma da fuoco. Al processo, rifiutò di riconoscere la corte. Scontata la sua pena Sands tornò ad abitare a Twinbrook e sei mesi dopo venne nuovamente arrestato e condannato a quattordici anni di reclusione.

Il 5 Maggio del 1981 alle ore 1 e 17 minuti Bobby Sands muore allo scoccare del sessantaseiesimo giorno di sciopero della fame nei blocchi H della prigione di Long Kesh. Accanto a lui, nell’ospedale della prigione, c’è sua sorella Marcella e suo fratello Sean. Il suo corpo è in condizioni atroci, uno scheletro che supera di poco i cinquanta chili. Ricorrono oggi ventotto anni da quell’atto sacrificale che grida ancora giustizia per il Popolo irlandese che da secoli è vessato dalla sopraffazione inglese.

Lo sciopero della fame – Hunger Strike – iniziò per richiedere il ripristino dello status di prigioniero politico abolito dal governo inglese nel 1976 che dichiarò: ‘Crime is crime, it’s not political’. Tutte le precedenti proteste intraprese dai combattenti nazionalisti irlandesi non erano andate a buon fine e, ormai da troppo tempo, erano costretti a vivere in condizioni disumane, vestiti solo con le coperte e costretti a convivere con i propri escrementi. Iniziò così lo sciopero della fame, una decisione tanto drastica quanto determinata. Il governo di Maggie Thatcher, al contrario delle speranze dei nazionalisti irlandesi, continuò a mostrare verso chi soffriva in un modo così atroce, solo l’indisponibilità a trattare con i prigionieri e la chiusura di qualsiasi forma di dialogo. Tutto questo era un qualcosa di sconvolgente.

Nelle pagine di “Un giorno della mia vita”, libro scritto da Bobby Sands nel carcere, troviamo dei racconti incredibili che, leggendoli, ci fanno immedesimare in quello che lui e tutti i combattenti irlandesi stavano subendo. Barbarie atroci, soprusi, intimidazioni e torture. Tutto questo nel cuore dell’Europa che ci viene descritta civile e moderna a scapito di millenarie tradizioni. Malgrado il peso dell’angoscia e della sofferenza, Sands, conclude il suo racconto con un grido di speranza: ‘Se non sono in grado di uccidere il tuo desiderio di libertà, non potranno spezzarti. Non mi spezzeranno perché il desiderio di libertà, e della libertà della popolazione irlandese, è nel mio cuore. Verrà il giorno in cui tutta la gente d'Irlanda potrà mostrare il suo desiderio di libertà. Sarà allora che vedremo sorgere la luna’.

Oggi la situazione nella parte alta della verde isola si è apparentemente normalizzata. Dopo più di trentotto anni di occupazione militare, il 31 luglio 2007 è stato formalizzato il ritiro delle truppe militari britanniche nelle sei contee (Aontroim, Ard Mhacha, An Dún, Fear Manach, Tír Eoghain, Doire) ingiustamente occupate e a seguito delle elezioni svoltesi l’8 marzo 2007, a Belfast, si è instaurato un nuovo governo di coalizione, composto dagli ex-rivali Ian Paisley (Democratic Unionist Party, protestante), e Martin Mc Guinness (Sinn Fein, “Solo noi” in gaelico, cattolico ed ex-militante dell’ Irish Republican Army). Chi minimamente conosce la situazione Nord-Irlandese, sa bene che è una pacificazione di facciata, realizzata all'insegna di un falso e ipocrita buonismo foraggiato e incoraggiato da chi preme solo per il mantenimento dello status quo, alla faccia di chi, in anni di dura lotta, è passato attraverso ingiustizie sociali, repressione poliziesca, ingiusti processi e carcerazioni, fino al sacrificio della Vita.

Il fulgido esempio di Bobby Sands che il 5 Maggio del 1981 si trasforma da Uomo in simbolo ci lascia il modello valoroso di una persona in grado di combattere fino a morire per la propria libertà.

Fabio Polese, on line su www.controventopg.splinder.com
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MessaggioTitolo: Re: Bobby Sands, un martire per la libertà. 5 Maggio 1981 - 5 Maggio 2009   Bobby Sands, un martire per la libertà. 5 Maggio 1981 - 5 Maggio 2009 EmptyLun Mag 04, 2009 8:37 pm

Bobby Sands, un martire per la libertà. 5 Maggio 1981 - 5 Maggio 2009 Funerale_bobby_sands
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MessaggioTitolo: Re: Bobby Sands, un martire per la libertà. 5 Maggio 1981 - 5 Maggio 2009   Bobby Sands, un martire per la libertà. 5 Maggio 1981 - 5 Maggio 2009 EmptyMar Mag 05, 2009 2:35 pm

La “generazione insorta” di un’isola senza pace

Il 4 maggio di ventotto anni fa veniva scritta nel blocco H della prigione di Long Kesh, a Belfast, una importante quanto ennesima triste pagina di storia di quella meravigliosa isola situata a Nord. Quell’Irlanda che pare emanare una fascinosa luce color smeraldo che abbaglia incantevolmente gli sguardi di noi altri europei che dalle nostre terre ferme ci rivolgiamo con interesse alle sorti del suo orgoglioso popolo mai domo. Quegli incantevoli paesaggi nei quali il tempo sembra essersi cristallizzato ad epoche ancestrali sembra intrecciarsi attraverso un ideale nodo celtico alle degradate periferie cattoliche dell’Ulster che covano rabbia e sete di libertà al cospetto del britannico invasore. L’ormai lontano 4 maggio 1981 sancisce l’atto sacrificale di Bobby Sands, militante repubblicano irlandese, il primo di una serie di dieci martiri che scelsero di donarsi integralmente alla causa della patria. Il loro gesto estremo in risposta allo spregio che Downing Street, nella figura della irreversibile premier britannica Margaret Thatcher, intese perpetrare alla lotta per l’indipendenza dell’Ulster attraverso la famigerata frase da lei pronunciata: “Crime is crime, is not political”. Frase che rappresenta il disconoscimento da parte di Downing Street di quei fondamentali diritti di prigionieri politici che i militanti repubblicani reclamavano dagli interni delle carceri nei quali vennero reclusi per essersi opposti all’oppressione straniera sul loro suolo natio. Il gesto tragicamente eroico consegnò Bobby Sands ed i suoi nove seguaci al paradiso degli eroi, in compagnia di quei simboli d’Irlanda che nel corso dei secoli hanno contribuito a costruirne l’epopea. Ma servì anche, concretamente, alla vittoria della volontà umana sul metodo repressivo dell’Inghilterra che credeva già vinta questa battaglia di nervi ma che, in virtù dello stoicismo dei detenuti, vide la fermezza della Thatcher ripiegare e concedere, il 3 ottobre dello stesso anno, lo status di prigionieri politici ai detenuti chiesto mesi prima.Una pagina di storia che alberga nel cuore di tutti coloro i quali vedono in Bobby Sands e nei suoi camerati un simbolo non solo nazionale, bensì europeo; di quella sacra Europa che è concetto trascendente e indomito di estremo amore per la propria identità.

Una pagina di storia, appunto. Ma fino a che punto è possibile considerarla relegata al passato e quindi irriproducibile oggi? Del resto, la volontà umana, quando l’animo è persuaso a tal punto da intaccare lo spirito, non conosce circostanze temporali e può manifestarsi nei modi più impensabili al contesto storico. La figura di Bobby Sands potrebbe apparire oggi fuori luogo rispetto ad una Belfast che tentano di presentarla agli occhi forestieri come una ridente città universitaria multietnica.

Eppure, come dicevamo, le sue periferie cattoliche sembrano ancora trasudare vivace dissenso verso questo appiattimento di coscienze e perdita del sacro senso di identità patriottica. Accade oggi a Belfast che alcuni episodi sembrano rimandare indietro di ventotto anni le lancette: Colin Duffy, ex prigioniero dell’Ira e fondatore di un gruppo politico, Eirigi, che non riconosce il governo di Belfast, sarebbe stato picchiato dagli agenti e sottoposto a forti pressioni psicologiche, tanto che in cella ha cominciato uno sciopero della fame per protesta, subito imitato da altri dieci militanti finiti dietro le sbarre.Sempre recentemente un altro episodio che conduce la memoria a quegli anni: la direzione del carcere di Maghaberry ha proibito ai detenuti politici repubblicani di indossare gli “easter lillies”, i gigli pasquali della tradizione cattolica che simboleggiano il ricordo dei compagni caduti. Chi l’ha fatto è stato messo in isolamento per 48 ore. Questo, poche settimane dopo gli eventi che hanno creato un pericoloso punto di rottura rispetto agli accordi di pace sottoscritti dai gruppi armati irlandesi e la Gran Bretagna nel 1997. Nel mese di Marzo si sono contati due attentati: il 7, due militari britannici sono morti e altri due sono rimasti feriti in un attentato alla base militare di Massereene, nella Contea di Antrim; e due giorni dopo è stato ucciso un poliziotto a Craigavon, nella Contea di Armagh. A firmare gli attentati, sigle staccatesi dall’IRA in evidente disaccordo rispetto agli accordi di pace del ‘97. Ondate di violenza che montano la propria carica nel malcontento soprattutto giovanile tuttora presente in quei margini di realtà sociali, forse nascosti agli occhi dei riflettori dell’opinione pubblica, che non accettano un’omologazione che evidentemente non giova ai loro spiriti ribelli cresciuti nel mito degli eroi del passato. A tali ondate risponde la solita irritante repressione sorda e cinica degli inglesi che non fa altro che gettare benzina sul fuoco rischiando di far degenerare una situazione già precaria. Arresti indiscriminati, perquisizioni violente e spesso immotivate, tempi di fermo che sforano i sette giorni previsti per legge e misure detentive (come raccontato sopra) particolarmente antipatiche e lesive della dignità umana.

Non è oggi dato sapere se quella che Bobby Sands chiamava orgogliosamente nel suo diario dal carcere la “generazione insorta” sia intenzionata a ripresentarsi seriamente sullo scenario della storia per recitare un ruolo da protagonista. Stando a come conclude il comunicato della Continuity IRA in cui rivendica l’omicidio del poliziotto, c’è da pensare che le intenzioni siano alquanto bellicose: «Fin quando ci sarà l’occupazione britannica, questi attacchi continueranno»…
Dal canto nostro, una preghiera per Bobby Sands nella ricorrenza della sua ascesa ai cieli come martire europeo.

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MessaggioTitolo: Re: Bobby Sands, un martire per la libertà. 5 Maggio 1981 - 5 Maggio 2009   Bobby Sands, un martire per la libertà. 5 Maggio 1981 - 5 Maggio 2009 EmptyMar Mag 05, 2009 2:58 pm

La rubrica mensile dei libri consigliati da www.controventopg.splinder.com , dedicata interamente ai martiri dell'Irlanda del Nord.

Le foyer du soldat in pillole. [Maggio 2009]
A cura di Mario Cecere, per ordinazioni: controventopg@libero.it

Bobby Sands, Un giorno della mia vita, Feltrinelli, Milano, 1996

"Le pagine che seguono sono un racconto di sofferenza, determinazione, angoscia, coraggio e fede. Presentano anche orribili esempi di barbarie compiuta da uomini contro altri uomini, con un realismo che ne rende difficile la lettura". Sono le righe iniziali dell'introduzione apposta, qualche anno prima di morire, da Sean MacBride, militante nazionalista irlandese, al testo di Bobby Sands che qui proponiamo alla meditazione dei lettori. Questo libro fu scritto dal Volontario dell' IRA Bobby Sands nel Blocco H del carcere di Long Kesh e venne pubblicato dal Republican News, cui veniva inviato tramite strategemmi, usualmente su pezzi di carta igienica, dai prigionieri politici colà internati. Sands era stato infatti nominato in carcere Officer Commanding, ufficiale comandante dei prigionieri dell'IRA a Long Kesh: delle loro storie egli fu il poeta incantato e il testimone rigoroso. Le pagine che oggi tutto il mondo legge con costernata partecipazione vennero vergate da Sands in uno stato di indicibile umiliazione, in condizioni disarmanti che prostrerebbero e getterebbero nel più tetro sconforto ogni uomo, finanche il più forte. Quelle condizioni abiette furono dettate dalla ferocia di Margareth Thacher e delle autorità britanniche, sul cui capo ancora pesa l'onta del martirio degli hunger strikers: le richieste dei detenuti politici di poter indossare i propri vestiti, e non l'uniforme del carcere, vennero irresponsabilmente e pedantescamente respinte, insieme agli altri 4 punti rivendicati dai Volunteers. Costoro subirono invece vessazioni e atrocità per noi inimmaginabili, inflitte con accanimento e brutalità sistematiche, per conto del governo britannico, da parte delle autorità penitenziarie. Ai prigionieri dell' IRA, che dal carcere lottavano per essere riconosciuti come detenuti politici, dette voce il Comandante Bobby Sands, primo martire di Long Kesh, caduto dopo sessantasei giorni di sciopero della fame e di agonia. Dieci uomini si diedero il cambio per morire: tre mesi di lucida angoscia e di fervore in cui, per una volta, il popolo irlandese si strinse intorno ai propri martiri senza ipocrisia, arrivando persino ad eleggere in carcere Bobby Sands al Parlamento di Londra. Le pagine che con venerazione oggi accostiamo sono intrise dello spirito leggero del guerriero, sono parole alate che spezzano catene e sbarre e dissolvono ogni umana empietà, come flutto sorgivo dell'anima che dissipa e scioglie i tumori dell'odio e i grumi ciechi del destino. A noi rimandano, per analogia, quelle di un altro fedele bardo d'Irlanda, W.B. Yeats: " Io lo so che sarà là, da qualche parte tra le nuvole/Sarà là che incontrerò alla fine il mio destino/ Io non odio questa gente che ora devo combattere, e non amo questa gente che ora io devo difendere/ Il mio paese è Kiltartan Cross, la mia gente i suoi contadini/ Nulla di tutto ciò può renderli più o meno felici. Nè la legge nè il diritto mi spinsero a combattere, non fu la politica nè l'applauso della folla/ Un impulso di gioia fu, un impulso solitario/ Che mi spinse un giorno a questo tumulto fra le nuvole/ Nella mia mente ho tutto calcolato, tutto considerato/ E gli anni a venire mi sono sembrati uno spreco di fiato/Uno spreco di fiato gli anni che ho passato/In paragone a questa vita, a questa morte.


Silvia Calamati, Irlanda del nord, una colonia in Europa, Edizioni Associate, Roma, 1997

Il libro costituisce un'essenziale introduzione generale alla storia d'Irlanda e ai suoi problemi più recenti. Nella prima parte si analizzano le cause della divisione dell'Irlanda e si accenna alle politiche segregazioniste protestanti, al controllo dell'informazione, alle discriminazioni sul lavoro subite dai cattolici, all'etnocidio culturale perpetrato nei confronti della tradizione gaelica. Ampio risalto viene dato alla prassi repressiva terroristica adottata dal governo dell'Ulster, l'uso di bande paramilitari per colpire i militanti, il sistematico maltrattamento fisico e psicologico della popolazione civile, le nuove tecniche di interrogatorio adottate dalle polizie speciali. La collusione tra forze di sicurezza inglesi e bande paramilitari lealiste e squadroni della morte viene ampiamente documentata. Nella seconda parte il conflitto nordirlandese è interpretato politicamente secondo l'istanza fondamentale del diritto di autodeterminazione (jus cogens), inoltre la riunificazione dell'Irlanda è dimostrata essere conforme ad altri precedenti casi di diritto internazionale.


Gerry Adams, Strade di Belfast, Gamberetti Editrice, Roma, 1994

Si può pensare quel che si vuole del capo dello Sinn Féin, ma le storie da lui raccolte in questo volume riconducono quasi amorevolmente il conflitto, spesso incomprensibile ai più, alla sua 'mondanità', nel senso proprio di appartenenza alla più intima dinamica terrestre, quella che si svolge tra i comuni mortali, coinvolgendone le vite e spesso travolgendole, facendo di anonimi traversatori di città gli spettatori o i narratori recalcitranti di indecifrabili destini collettivi. E così, tra pub silenziosi e negozi affollati, sulle strade lustre di pioggia o tra i vicoli dimenticati, dietro i reticolati dove giocano i ragazzini e dove i blindati dell'esercito pattugliano, Belfast respira cullata dal mare di notte.


Gerry Adams, Prima dell' alba, Gamberetti Editrice, Roma, 1999

"Dall'infanzia nei quartieri ghetto nazionalisti cattolici di Belfast alle prime esperienze di lavoro nei pub del centro e delle zone protestanti: dall'impegno politico nel movimento per i diritti civili degli anni '60 alla rivolta del Bogside di Derry; dall'internamento nel campo di Long Kesh allo sciopero della fame di Bobby Sands e dei suoi compagni, sino alle prime, difficili trattative col governo di Londra. Questa del Presidente dello Sinn Féin, storia di "un uomo normale in circostanze straordinarie", è una lettura insostituibile per chiunque voglia capire il conflitto che da decenni infuria nell'Irlanda del Nord tra l'esercito britannico e il Movimento repubblicano irlandese".

"Il dolore per la morte di di Bobby Sands non toccò solo la sua famiglia e i suoi amici, ma tutta la comunità cha aveva partecipato alla sua battaglia facendola propria. Alla veglia funebre in casa dei genitori di Bobby, mio fratello Paddy che non lo aveva mai conosciuto, lo baciò e scoppiò in pianto. Danny Morrison ebbe un crollo nervoso, così come Jim Gibney...fu un momento di grande, terribile commozione. Ai funerali, che si svolsero a St. Luke's, a poche centinaia di metri dalla case dei Sands, il prete parlò della 'malattia' di Bobby. Questo rifiuto della verità mi disgustò.

Ma quello che più ricordo dei funerali di Bobby, è il lamento delle pipes, che suonavano l'aria della canzone I'll wear not convct uniform ("Non indosserò l'uniforme dei carcerati").
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