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 PALESTINA LIBERA.

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MessaggioTitolo: PALESTINA LIBERA.   PALESTINA LIBERA. EmptyMer Dic 31, 2008 2:29 pm

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Nel giorno sacro a Israele di Shabbat Hanukkah l'aviazione dell'entità sionista ha iniziato a bombardare la striscia di Gaza secondo una micidiale strategia mirante all'umiliazione delle forze Palestinesi legittimate alla resistenza. Mentre tradisce tutti i patti che avevano portato all' accordo per il cessate il fuoco rispettato fino al suo scadere da Hamas, l'entità sionista, che nel frattempo aveva ammazzato, deportato, distrutto, ignora ogni appello al buon senso levato dalla comunità internazionale. In Italia, il governo di centro-destra stà rilasciando deliranti dichiarazioni che rovesciano le responsabilità oggettive dell'aggressione in corso, mentre i gazzettieri di regime come Pagliara su Rai due leggono senza alcun pudore le veline fornite da Tsahl.

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MessaggioTitolo: Re: PALESTINA LIBERA.   PALESTINA LIBERA. EmptyMer Dic 31, 2008 2:59 pm

ma quanti anni sono che la palestina rompe i coglioni a israele?
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MessaggioTitolo: Re: PALESTINA LIBERA.   PALESTINA LIBERA. EmptyMer Dic 31, 2008 4:05 pm

Signor Roarke ha scritto:
ma quanti anni sono che la palestina rompe i coglioni a israele?

Hai l'idee un po' confuse, la Palestina esiste da sempre Israele da una cinquantina d'anni. La Palestina è la regione territoriale compresa tra il fiume Giordano ed il Mediterraneo, Israele è uno degli stati che insistono in quell'area (insieme a Gaza sotto attacco in questo momento, la Giordania, una parte dell'Egitto e i territori dell'Autorità nazionale palestinese non sotto attacco).
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MessaggioTitolo: Re: PALESTINA LIBERA.   PALESTINA LIBERA. EmptyMer Dic 31, 2008 4:43 pm

ok grazie della precisazione.
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MessaggioTitolo: Re: PALESTINA LIBERA.   PALESTINA LIBERA. EmptyMer Dic 31, 2008 5:50 pm

Novalium ha scritto:
Hai l'idee un po' confuse, la Palestina esiste da sempre Israele da una cinquantina d'anni
No, sei tu ad avere le idee confuse, caro Novalium. La presenza degli ebrei in Palestina fu costante, e spesso fiorente, anche dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme e l'inizio dell'esilio. Ingenti comunità ebraiche vennero ricostituite a Gerusalemme e a Tiberia verso il IX secolo. Altre comunità si svilupparono nell'XI secolo a Rafah, Gaza, Ashkelon, Jaffa e Cesarea. Numerosi ebrei palestinesi furono massacrati dai Crociati nel corso del XII secolo; tuttavia, le "Cronache di viaggio" dello spagnolo Beniamino di Tudela riportano ebrei in tutta la regione.
Dal XIII al XV secolo, rabbini e pellegrini si stabilirono in gran numero a Gerusalemme e in Galilea. Nel corso dei successivi 300 anni Safed, Gerusalemme e altre città videro il consolidamento delle rispettive comunità ebraiche. Verso l'inizio del XIX secolo - molto prima della nascita del movimento sionista - diverse migliaia di ebrei vivevano in Palestina.
La Palestina non fu mai un paese esclusivamente arabo, sebbene l'arabo, a seguito delle invasioni arabe del VII secolo, sia gradualmente divenuto la lingua della maggior parte della popolazione. Non c'è MAI stato, in Palestina, uno Stato arabo, e non c'è MAI stata una nazione arabo-palestinese autonoma. Il nazionalismo arabo-palestinese è sostanzialmente un fenomeno del primo dopoguerra, la cui intensità è andata crescendo soprattutto dopo la guerra dei sei giorni del 1967.
Gli arabo-palestinesi non hanno mai dato vita a una loro entità delimitata, né a una qualsiasi forma di identità sociale o politica a carattere autonomo (l'OLP fu creata nel 1964 e solo nel '93 riconobbe ufficialmente l'esistenza di Israele). Per molti aspetti, il nazionalismo arabo-palestinese rassomiglia ad "una strana imitazione della dottrina dello Stato ebraico" (cit.), un anti-sionismo il cui impulso originario era di distruggere Israele, e non di costruire uno Stato per gli arabi della Palestina. Studiati un po' di Storia che è meglio.

(e te lo dice un filo-palestinese)


Ultima modifica di Gli uomini primitivi il Mer Dic 31, 2008 6:17 pm - modificato 1 volta.
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MessaggioTitolo: Re: PALESTINA LIBERA.   PALESTINA LIBERA. EmptyMer Dic 31, 2008 6:16 pm

EDIT doppio post
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MessaggioTitolo: Re: PALESTINA LIBERA.   PALESTINA LIBERA. EmptyMer Dic 31, 2008 6:45 pm

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MessaggioTitolo: Re: PALESTINA LIBERA.   PALESTINA LIBERA. EmptyMer Dic 31, 2008 6:58 pm

Gli uomini primitivi ha scritto:
Novalium ha scritto:
Hai l'idee un po' confuse, la Palestina esiste da sempre Israele da una cinquantina d'anni
No, sei tu ad avere le idee confuse, caro Novalium. La presenza degli ebrei in Palestina fu costante, e spesso fiorente, anche dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme e l'inizio dell'esilio. Ingenti comunità ebraiche vennero ricostituite a Gerusalemme e a Tiberia verso il IX secolo. Altre comunità si svilupparono nell'XI secolo a Rafah, Gaza, Ashkelon, Jaffa e Cesarea. Numerosi ebrei palestinesi furono massacrati dai Crociati nel corso del XII secolo; tuttavia, le "Cronache di viaggio" dello spagnolo Beniamino di Tudela riportano ebrei in tutta la regione.
Dal XIII al XV secolo, rabbini e pellegrini si stabilirono in gran numero a Gerusalemme e in Galilea. Nel corso dei successivi 300 anni Safed, Gerusalemme e altre città videro il consolidamento delle rispettive comunità ebraiche. Verso l'inizio del XIX secolo - molto prima della nascita del movimento sionista - diverse migliaia di ebrei vivevano in Palestina.
La Palestina non fu mai un paese esclusivamente arabo, sebbene l'arabo, a seguito delle invasioni arabe del VII secolo, sia gradualmente divenuto la lingua della maggior parte della popolazione. Non c'è MAI stato, in Palestina, uno Stato arabo, e non c'è MAI stata una nazione arabo-palestinese autonoma. Il nazionalismo arabo-palestinese è sostanzialmente un fenomeno del primo dopoguerra, la cui intensità è andata crescendo soprattutto dopo la guerra dei sei giorni del 1967.
Gli arabo-palestinesi non hanno mai dato vita a una loro entità delimitata, né a una qualsiasi forma di identità sociale o politica a carattere autonomo (l'OLP fu creata nel 1964 e solo nel '93 riconobbe ufficialmente l'esistenza di Israele). Per molti aspetti, il nazionalismo arabo-palestinese rassomiglia ad "una strana imitazione della dottrina dello Stato ebraico" (cit.), un anti-sionismo il cui impulso originario era di distruggere Israele, e non di costruire uno Stato per gli arabi della Palestina. Studiati un po' di Storia che è meglio.

(e te lo dice un filo-palestinese)

Resta il fatto che hai impiegato due fogli A4 per dire, alla fine, che in effetti la Palestina esiste da sempre mentre Israele da solo 50 anni.
E' un concetto semplice, non si parla di chi è filo-israeliano o filo-palestinese, solo del fatto che la Palestina esiste da sempre mentre Israele da solo 50 anni. A meno che tu non avessi intenzione di sostenere che nel IX secolo le "ingenti comunita' ebraiche" fossero una sorta di Israele in nuce ma non è un fatto conseguente altrimenti a quel punto si potrebbero richiamare le ingenti comunita' romane create dalle conquiste dell'impero per reclamare presso l'onu un pezzo di francia, inghilterra, e altre 43 nazioni.

E te lo dice un filo-palestinese

Ma poi tocca essere un po' sciroccati per scrivere che la colpa è di Israele perche' "hamas ha rispettato il cessate il fuoco fino al suo scadere", come se tirare missili fosse una cosa normale, visto che è scaduto il cessate il fuoco.

"Lei che fa oggi ragioniere ?"
"Mah, ho visto che è scaduto il cessate il fuoco, vado a un checkpoint a sparare sulla folla"
"eh noi ci stiamo attrezzando con dei missili per ammazzare civili a caso"

Che casino quel posto. Occorrerebbe cancellare tutto e ricominciare.
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MessaggioTitolo: Re: PALESTINA LIBERA.   PALESTINA LIBERA. EmptyMer Dic 31, 2008 7:10 pm

certo, sono concetti semplici per chi non ha il paratutto(occhi,orecchi,ecc ecc ecc). non cè peggior sordo di chi non vuol sentire. a me quelli di sinistra di adesso danno l'idea di essere un pò fissati non vi sembra? sembra che ogni concetto che essi esprimono sia legge e/o oro colato nel fiume della ragione. boh. buon anno cmq a tutti.
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MessaggioTitolo: Re: PALESTINA LIBERA.   PALESTINA LIBERA. EmptyMer Dic 31, 2008 7:48 pm

TMask ha scritto:
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Ecco bravo, posta le foto dei bimbi così ci commuoviamo tutti ...

Qualcosa di meglio invece della solita retorica?
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MessaggioTitolo: Re: PALESTINA LIBERA.   PALESTINA LIBERA. EmptyMer Dic 31, 2008 7:49 pm

Vesanus ha scritto:
Resta il fatto che hai impiegato due fogli A4 per dire, alla fine, che in effetti la Palestina esiste da sempre mentre Israele da solo 50 anni
Palestina è solo il nome storico di una regione originariamente chiamata Terra di Canaan o, guarda un po', Terra di Israele.

Il nome Palestina non era mai esistito prima che i romani conquistassero definitivamente, nel 135 d.C., la regione anticamente chiamata Eretz Israel.

Per cui, se la metti su questo piano, Israele esiste da molto prima. Ripeto, studiatevi un po' di Storia che è meglio.
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MessaggioTitolo: Re: PALESTINA LIBERA.   PALESTINA LIBERA. EmptyMer Dic 31, 2008 8:00 pm

Ma tu sai cosa si intende per "Israele" quando due persone di questo secolo parlano ?
Perché mi fai venire il dubbio a questo punto.
Che "Palestina" sia il nome storico di una regione è un fatto assodato e non ci sono fraintendimenti.
Neanche se dico "Israele" ci dovrebbero essere.

Credo che nessun senziente al mondo quando in televisione sente parlare di Israele o legge sul giornale notizie che riguardano Israele o qualcuno gli parla di Israele pensa ai territori esistenti prima della conquista romana ma credo che gli venga in mente... Israele. Quello dei giorni nostri. Quello che eiste da 50 anni. Quindi da molto meno della Palestina. Siamo d'accordo ?!

ciao
marco

P.S. Guarda poi che è gia' la seconda volta che inviti la gente a studiare la storia. Non so se lo sai ma non è un modo di discutere elegante. Oltretutto l'hai fatto fuori luogo per due volte. Quindi non è nemmeno produttivo. Ti consiglio di argomentare le tue tesi sulle singole questioni senza esortazioni allo studio che in generale non sono eleganti e quando sono fuori luogo non sono nemmeno produttive.

p.s. 2 Ah ! Benvenuto ! E auguri !
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MessaggioTitolo: Re: PALESTINA LIBERA.   PALESTINA LIBERA. EmptyMer Dic 31, 2008 8:10 pm

Vesanus ha scritto:
Credo che nessun senziente al mondo quando in televisione sente parlare di Israele o legge sul giornale notizie che riguardano Israele o qualcuno gli parla di Israele pensa ai territori esistenti prima della conquista romana ma credo che gli venga in mente... Israele. Quello dei giorni nostri. Quello che eiste da 50 anni. Quindi da molto meno della Palestina. Siamo d'accordo ?!
No, non siamo d'accordo. Israele esiste da 60 anni, mentre uno Stato palestinese non è MAI esistito (e ti invito a rileggere attentamente il mio primo post): altro che da sempre! Non sarà elegante il mio modo di pormi, ma sei tu che intervieni fuori luogo.

Grazie per il benvenuto e auguri anche a te.
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MessaggioTitolo: Re: PALESTINA LIBERA.   PALESTINA LIBERA. EmptyMer Dic 31, 2008 9:32 pm

Aggiungo prima di uscire:

- Se usi il termine Palestina per indicare un'area geografica, ti faccio notare che quella stessa area, prima ancora di chiamarsi Palestina, era chiamata Terra d'Israele, per cui hai torto.

- Se usi il termine Palestina per indicare lo Stato palestinese, ti faccio notare che questo non è MAI esistito, per cui hai torto.

Spero di esser stato chiaro.
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MessaggioTitolo: Re: PALESTINA LIBERA.   PALESTINA LIBERA. EmptyMer Dic 31, 2008 10:18 pm

Novalium ha scritto:

Hai l'idee un po' confuse, la Palestina esiste da sempre Israele da una cinquantina d'anni. La Palestina è la regione territoriale compresa tra il fiume Giordano ed il Mediterraneo, Israele è uno degli stati che insistono in quell'area (insieme a Gaza sotto attacco in questo momento, la Giordania, una parte dell'Egitto e i territori dell'Autorità nazionale palestinese non sotto attacco).

Non è elegantissimo autoquotarsi ma mi sembrava che il concetto fosse chiarissimo o magari dovevo aggiungere "nel 2008".

Per il resto vado a farmi stampare un passaporto dell'impero romano e spodesto la regina Elisabetta, Juan Carlos di Borbone e tutti quegli altri usurpatori che governano ciò che una volta veniva chiamato impero romano.

Tanto che ci siamo andiamo pure da Ahmadinejad e gli diciamo che l'Iran il realtà è la Persia o magari annettiamo la Sicilia, la Calabria e il Salento alla Grecia.

Ma per favore.



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MessaggioTitolo: Re: PALESTINA LIBERA.   PALESTINA LIBERA. EmptyGio Gen 01, 2009 2:06 pm

Guarda che siete voi che la state mettendo su questo piano, hai poco da fare le battutine. Palestina è il nome (storico) di una regione: una regione che è sempre esistita (grazie al cazzo), ma che non si è sempre chiamata così. Oggi, in quella regione, esistono 2 stati: Israele e Giordania. Tutti gli abitanti della Giordania sono quindi, per definizione geografica, palestinesi; lo stesso si può dire degli israeliani.
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MessaggioTitolo: Re: PALESTINA LIBERA.   PALESTINA LIBERA. EmptyGio Gen 01, 2009 2:49 pm

Per parlare di storia, prima bisogna conoscerla per intero.
In Israele la popolazione ebraica di origine medio-orientale è di circa l'8%, il restante 92% ha origini etniche e culturali diverse anche se per lo più di religione ebraica.
Israele è un invenzione.
Non è mai esistito uno stato ebraico, perchè in quella zona hanno sempre convissuto sia arabi che ebrei (mediorientali, dei veri semiti insomma, come semiti sono i palestinesi) e qualsiasi discussione sul medio oriente non può escludere sia le modalità che i principi che ispirano la politica della presunta democrazia israeliana, che è solo presunta visto che l'ordinamento giuridico dello stato "martire" prevede leggi razziali.
E per avere un idea chiara e netta di ciò che Israele rappresenta è sufficiente leggere quello che gli ebrei stessi pensavano in proposito proprio negli anni della sua "formazione".

"AGLI EDITORI DEL NEW YORK TIMES:
Fra i fenomeni più preoccupanti dei nostri tempi emerge quello relativo alla fondazione, nel nuovo stato di Israele, del Partito della Libertà (Tnuat Haherut), un partito politico che nella organizzazione, nei metodi, nella filosofia politica e nell'azione sociale appare strettamente affine ai partiti Nazista e Fascista. E' stato fondato fuori dall'assemblea e come evoluzione del precedente Irgun Zvai Leumi, una organizzazione terroristica, sciovinista, di destra della Palestina. L'odierna visita di Menachem Begin, capo del partito, negli USA è stata fatta con il calcolo di dare l'impressione che l'America sostenga il partito nelle prossime elezioni israeliane, e per cementare i legami politici con elementi sionisti conservativi americani. Parecchi americani con una reputazione nazionale hanno inviato il loro saluto. E' inconcepibile che coloro che si oppongono al fascismo nel mondo, a meno che non sia stati opportunamente informati sulle azioni effettuate e sui progetti del Sig. Begin, possano aver aggiunto il proprio nome per sostenere il movimento da lui rappresentato. Prima che si arrechi un danno irreparabile attraverso contributi finanziari, manifestazioni pubbliche a favore di Begin, e alla creazione di una immagine di sostegno americano ad elementi fascisti in Israele, il pubblico americano deve essere informato delle azioni e degli obiettivi del Sig. Begin e del suo movimento. Le confessioni pubbliche del sig. Begin non sono utili per capire il suo vero carattere. Oggi parla di libertà, democrazia e anti-imperialismo, mentre fino ad ora ha apertamente predicato la dottrina dello stato Fascista. E' nelle sue azioni che il partito terrorista tradisce il suo reale carattere, dalle sue azioni passate noi possiamo giudicare ciò che farà nel futuro. Attacco a un villaggio arabo Un esempio scioccante è stato il loro comportamento nel villaggio Arabo di Deir Yassin. Questo villaggio, fuori dalle strade di comunicazione e circondato da terre appartenenti agli Ebrei, non aveva preso parte alla guerra, anzi aveva allontanato bande di arabi che lo volevano utilizzare come una loro base. Il 9 Aprile, bande di terroristi attaccarono questo pacifico villaggio, che non era un obiettivo militare, uccidendo la maggior parte dei suoi abitanti (240 tra uomini, donne e bambini) e trasportando alcuni di loro come trofei vivi in una parata per le strade di Gerusalemme. La maggior parte della comunità ebraica rimase terrificata dal gesto e l'Agenzia Ebraica mandò le proprie scuse al Re Abdullah della Trans-Giordania. Ma i terroristi, invece di vergognarsi del loro atto, si vantarono del massacro, lo pubblicizzarono e invitarono tutti i corrispondenti stranieri presenti nel paese a vedere i mucchi di cadaveri e la totale devastazione a Deir Yassin. L'accaduto di Deir Yassin esemplifica il carattere e le azioni del Partito della Libertà. All'interno della comunità ebraica hanno predicato un misto di ultranazionalismo, misticismo religioso e superiorità razziale. Come altri partiti fascisti sono stati impiegati per interrompere gli scioperi e per la distruzione delle unioni sindacali libere. Al loro posto hanno proposto unioni corporative sul modello fascista italiano. Durante gli ultimi anni di sporadica violenza anti-britannica, i gruppi IZL e Stern inaugurarono un regno di terrore sulla Comunità Ebraica della Palestina. Gli insegnanti che parlavano male di loro venivano aggrediti, gli adulti che non permettavano ai figli di incontrarsi con loro venivano colpiti in vario modo. Con metodi da gangster, pestaggi, distruzione di vetrine, furti su larga scala, i terroristi hanno intimorito la popolazione e riscosso un pesante tributo. La gente del Partito della libertà non ha avuto nessun ruolo nelle conquiste costruttive ottenute in Palestina. Non hanno reclamato la terra, non hanno costruito insediamenti ma solo diminuito la attività di difesa degli Ebrei. I loro sforzi verso l'immigrazione erano tanto pubblicizzati quanto di poco peso e impegnati principalmente nel trasporto dei loro compatrioti fascisti. Le discrepanze La discrepanza tra le sfacciate affermazioni fatte ora da Begin e il suo partito, e il loro curruculum di azioni svolte nel passato in Palestina non portano il segno di alcun partito politico ordinario. Ciò è, semza ombra di errore, il marchio di un partito Fascista per il quale il terrorismo (contro gli Ebrei, gli Arabi e gli Inglesi) e le false dichiarazioni sono i mezzi e uno stato leader l'obbiettivo. Alla luce delle soprascritte considerazioni, è imperativo che la verità su Begin e il suo movimento sia resa nota a questo paese. E' maggiormente tragico che i più alti comandi del Sionismo Americano si siano rifiutati di condurre una campagna contro le attività di Begin, o addirittura di svelare ai suoi membri i pericoli che deriveranno a Israele sostenendo Begin. I sottoscritti infine usano questi mezzi per presentare pubblicamente alcuni fatti salienti che riguardano Begin e il suo partito, e per sollecitare tutti gli sforzi possibili per non sostenere quest'ultima manifestazione di fascismo. (firmato) ISIDORE ABRAMOWITZ, HANNAH ARENDT, ABRAHAM BRICK, RABBI JESSURUN CARDOZO, ALBERT EINSTEIN, HERMAN EISEN, M.D., HAYIM FINEMAN, M. GALLEN, M.D., H.H. HARRIS, ZELIG S. HARRIS, SIDNEY HOOK, FRED KARUSH, BRURIA KAUFMAN, IRMA L. LINDHEIM, NACHMAN MAISEL, SEYMOUR MELMAN, MYER D. MENDELSON, M.D., HARRY M. OSLINSKY, SAMUEL PITLICK, FRITZ ROHRLICH, LOUIS P. ROCKER, RUTH SAGIS, ITZHAK SANKOWSKY, I.J. SHOENBERG, SAMUEL SHUMAN, M. SINGER, IRMA WOLFE, STEFAN WOLFE New York, Dec. 2, 1948"

Israele è uno stato inventato dalle istituzioni internazionali occidentali (che con arroganza molto esplicativa noi consideriamo "mondiali"), il 92% della sua popolazione, se si pretende una spiegazione storica (perchè è ovvio che oggi, dopo 60 anni, ormai non si possa certo pretendere di cacciare da li chi ormai ci è nato), non ha nessun diritto di vivere li, Israele non ha MAI rischiato la distruzione (ad affermarlo ci sono anche numerose dichiarazioni ufficiali di alti ufficiali dell'esercito "sacro" di israele, è uno stato aggressivo, razzista e prevaricatore, da 60 anni, con la scusa della difesa, espande il proprio territorio e massacra civili non-ebrei.
Di fatto, visto il comportamento dello STATO sionista, è del tutto vero che l'anti-semitismo oggi è più vivo che mai, infatti, oggi più che mai, i semiti, vengono massacrati da non-semiti per puro odio razziale.
E all'occidente, fa comodo, perchè testa di ponte nella regione strategicamente più importante del mondo.
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MessaggioTitolo: Re: PALESTINA LIBERA.   PALESTINA LIBERA. EmptyGio Gen 01, 2009 5:39 pm

Israele, storicamente e culturalmente, è una parte d'Europa. I suoi fondatori hanno cominciato ad andare in Palestina, cercando il sogno del ritorno, di cui aveva parlato Theodore Herzl, e hanno continuato a insediarvicisi durante il "mandato britannico" - quando tutta l'area era stata affidata dalla Società delle Nazioni al Governo inglese. Hanno sfidato la durezza di quell'amministrazione, l'ostilità degli arabi, costruendo, coltivando, insegnando, creando famiglie, scuole e luoghi di culto, pattuglie di ortodossi guidati solo dalla religione, di socialisti spinti da un sogno egualitario, che sono riusciti ad aprire un passaggio fra il dominio religioso e politico di islamici e cristiani, fra chiese e conventi insediati dai tempi delle crociate intorno ai "luoghi santi". Gli ebrei palestinesi venivano dalle università tedesche e austriache, dalla vita culturale di Parigi e di Budapest, molti erano scampati in tempo al fascismo. Molti di loro si sono arruolati nelle "brigate Palestinesi" (composte solo di ebrei) che hanno combattuto accanto agli inglesi, contro il nazismo, mentre il Gran Muftì di Gerusalemme aveva scelto di schierarsi con Hitler.*
Dopo la guerra e la fine dei campi di sterminio altri europei (ventimila sopravvissuti) sono arrivati. Il bisogno, per la comunità e la nazione, di diventare Stato, non era più soltanto un sogno o un'aspirazione. Era diventata necessità, un fatto urgente e inevitabile, dopo l'Olocausto.
Ma l'Europa non vede Israele come un paese nato da una parte essenziale della storia e della cultura europea, e da vicende (la persecuzione, lo sterminio) strettamente connesse con la responsabilità occidentale. L'intera Europa (Stati, legislazioni, organizzazioni) aveva partecipato alla persecuzione anche se i libri di storia ne hanno fatto esclusivamente un problema tedesco.
Ma la cultura europea preferisce prendere le distanze dal nuovo Stato e descriverlo - per bocca dei suoi politici, dei suoi esperti, dei suoi commentatori - come un "problema medio orientale".

Israele è uno Stato del Medio Oriente, costituito formalmente e legalmente con un voto delle Nazioni Unite, un voto che ha visto per la prima volta Stati Uniti e Unione Sovietica schierati dalla stessa parte, prima della guerra fredda.
La data ufficiale di nascita di Israele (1948), che pure avrebbe dovuto segnare una svolta storica nella vita europea, in quella delle Nazioni Unite e in quelle dell'area, non compare nei libri di storia del mondo, né a Occidente né a Oriente. Ma compaiono, notate con preoccupazione, con ansietà crescente, come minacce alla pace del mondo e alle relazioni fra europei ed arabi - o fra cistiani e islamici - le date delle guerre: 1948, 1956, 1967, 1973... Da queste guerre gli europei si sono tenuti lontani quando Israele - a differenza di quanto sostieni - poteva scomparire (1948), sono intervenuti (Francia e Inghilterra) quando il problema era la nazionalizzazione del Canale di Suez. Si sono astenuti cautamente nel 1967, quando Israele (che allora contava due milioni e mezzo di abitanti) è stato attaccato da Egitto, Giordania, Iraq e Siria (centocinquanta milioni di abitanti) e ha vinto da solo la "guerra dei sei giorni". E infine hanno accettato la "potenza di Israele", non come garanzia di sopravvivenza di quel paese, ma come pedina della guerra fredda, come frontiera contro l'infiltrazione sovietica nel Medio Oriente, come avamposto della presenza americana nel mondo.
Ciascuna delle guerre contro Israele, col tempo, ha fatto parte di elenchi diversi. Per Israele sono state guerre di difesa e sopravvivenza. Per le coalizioni arabe, che hanno sempre attaccato senza mai nascondere l'intento - detto, dichiarato, scritto, ripetuto in una documentazione fittissima - di distruzione totale di Israele, le guerre vengono narrate come successive espansioni imperialistiche di quel paese estraneo e nemico.
Gli Stati Uniti, anche in relazione alle esigenze strategiche della guerra fredda, hanno dato un aiuto grande e indiretto (senza disturbare le relazioni con le potenze petrolifere arabe). Gli europei si sono assunti un ruolo di arbitraggio e di ammonimento a distanza, come se il conflitto fosse alla pari materialmente (eppure erano centinaia di milioni contro due) e indifferenziato dal punto di vista delle ragioni. Come se quella guerra non fosse stata tentativo di sradicamento del nuovo Stato-nazione. La memoria esatta dell'evento (occupare per non essere occupati, invadere paesi aggressori, fermare la guerra in punti difendibili) si è presto perduta in Europa sotto la spinta di due ragioni: il petrolio, che ha suggerito una politica di buone relazioni con i detentori arabi, dunque l'opportunità di non contraddirli ad alta voce. E la guerra fredda, che ha consegnato la "causa palestinese", grande strumento di propaganda anti-israeliano (dunque anti-americano) ai partiti marxisti europei, una bandiera fra le altre (Che Guevara, Cuba, Angola, Etiopia, Vientnam) contro "l'imperialismo".


*Il Muftì di Gerusalemme, Haj Amin el Husseini, il leader islamico che durante la seconda guerra mondiale collaborò apertamente con Hitler, è stato il promotore di una lunga campagna anti-ebraica in Palestina.
"I tedeschi" disse con ammirazione Husseini ad un raduno del novembre 1943 a Berlino, "sanno come ammazzare gli ebrei". Il Muftì inviò numerose lettere ad alti ufficiali nazisti, inclusa quella del 27 luglio 1944 ad Heinrich Himmler, in cui chiedeva alla Germania di fare "tutto il possibile per proibire l'immigrazione di ebrei in Palestina". La complicità del Muftì fu attestata da documenti presentati nel 1946 al processo di Norimberga.
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MessaggioTitolo: Re: PALESTINA LIBERA.   PALESTINA LIBERA. EmptyGio Gen 01, 2009 5:42 pm

Ora, visto che sostieni che Israele non ha mai rischiato la distruzione, mi sembra doveroso parlare della guerra del 1948. Durante l'intero dibattito del 1947 alle Nazioni Unite, l'Alto Comitato arabo-palestinese continuò a minacciare la guerra, mentre il portavoce della Jewish Agency si appellava alla pace.
Il 24 novembre 1947 Jamal Husseini, portavoce del Comitato, disse alle Nazioni Unite: "La linea proposta per la divisione non sarà altro che una linea di fuoco e sangue". Cinque giorni dopo, l'Assemblea generale si espresse in favore della divisione, e gli arabi diedero inizio alla loro guerra per impedire che la risoluzione venisse resa effettiva. Strade vennero minate, insediamenti isolati, convogli attaccati. Già nella prima settimana decine di ebrei furono uccisi.
Poco tempo dopo, appartamenti di Gerusalemme furono fatti saltare, e più di 50, tra uomini donne e bambini, persero la vita. Trentacinque studenti della Hebrew University furono massacrati sulla strada nei pressi di Gerusalemme. Un'esplosione devastò gli uffici della Jewish Agency, provocando morti e feriti. Sulla strada che dall'Hadassah Hospital portava al Monte Scopus, venne attaccato un autobus: 78 ebrei, tra dottori, infermieri e tecnici di laboratorio, persero la vita.
Nel gennaio del 1948, i primi distaccamenti dell'Esercito arabo di liberazione entrarono in Palestina dalla Siria e dalla Giordania, e attaccarono villaggi ebraici.
Le Nazioni Unite accusarono gli arabi della guerra. La Commissione per la Palestina venne bloccata, sia dall'opposizione araba che dal rifiuto degli inglesi a cooperare, e non poté mai recarsi in loco per rendere la risoluzione effettiva; il 16 febbraio 1948 così riferì al Consiglio di sicurezza delle Nazione Unite: "Forti interessi da parte araba, sia dentro che fuori dalla Palestina, stanno ostacolando la risoluzione dell'Assemblea generale, e sono impegnati in un deliberato tentativo di alterare con la forza gli accordi ivi contenuti".
Gli arabi non sconfessarono mai la responsabilità. Anzi se ne attribuirono il merito. Il 16 aprile 1948, Jamal Husseini comunicò al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che: "Il rappresentante della Jewish Agency ci ha comunicato ieri che non erano stati loro ad attaccare, e che gli arabi avevano dato inizio alle ostilità. Noi non neghiamo tutto ciò. Abbiamo detto al mondo intero che eravamo intenzionati a combattere".
Il Consiglio di sicurezza si piegò alla provocazione armata e si astenne dall'applicare la risoluzione. Gli Stati Uniti proposero che la Palestina venisse affidata a un commissariato, in attesa di nuovi negoziati. L'Assemblea generale convocò una seduta speciale, ma la proposta statunitense non venne accettata. Fu invece deciso di inviare un mediatore.
La risoluzione relativa alla divisione del territorio non fu mai sospesa né abrogata. Rimase in atto, e lo Stato ebraico di Palestina, Israele, vide la luce il 14 maggio, quando gli inglesi lasciarono definitivamente il paese. A causa della reazione araba, lo Stato arabo-palestinese morì sul nascere. Gli eserciti di sei paesi arabi (Egitto, Siria, Giordania, Arabia Saudita, Libano ed Iraq) invasero immediatamente Israele, con l'intenzione di ricacciarlo in mare.
Il 15 maggio, Azzam Pasha, segretario generale della Lega Araba, annunciò al Cairo: "Questa guerra sarà una guerra di sterminio, ed avrà proporzioni tali che se ne parlerà come dei massacri mongoli sui Crociati". Le dichiarazioni che ho riportato, tutte rigorosamente datate, puoi facilmente trovarle in rete.

Oh, sia chiaro, non faccio certi discorsi perché condivido l'operato del governo israeliano. Ma se mi prendo la briga di scrivere queste cose è perché quella mediorientale è una questione molto complessa che non può essere liquidata con un semplice: "la Palestina esiste da sempre, Israele no".

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MessaggioTitolo: Re: PALESTINA LIBERA.   PALESTINA LIBERA. EmptyGio Gen 01, 2009 6:05 pm

cioè, ma allora chi racconta la storia, quella vera?
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MessaggioTitolo: Re: PALESTINA LIBERA.   PALESTINA LIBERA. EmptyGio Gen 01, 2009 7:03 pm

Gli uomini primitivi ha scritto:
Ora, visto che sostieni che Israele non ha mai rischiato la distruzione, mi sembra doveroso parlare della guerra del 1948. Durante l'intero dibattito del 1947 alle Nazioni Unite, l'Alto Comitato arabo-palestinese continuò a minacciare la guerra, mentre il portavoce della Jewish Agency si appellava alla pace.
Il 24 novembre 1947 Jamal Husseini, portavoce del Comitato, disse alle Nazioni Unite: "La linea proposta per la divisione non sarà altro che una linea di fuoco e sangue". Cinque giorni dopo, l'Assemblea generale si espresse in favore della divisione, e gli arabi diedero inizio alla loro guerra per impedire che la risoluzione venisse resa effettiva. Strade vennero minate, insediamenti isolati, convogli attaccati. Già nella prima settimana decine di ebrei furono uccisi.
Poco tempo dopo, appartamenti di Gerusalemme furono fatti saltare, e più di 50, tra uomini donne e bambini, persero la vita. Trentacinque studenti della Hebrew University furono massacrati sulla strada nei pressi di Gerusalemme. Un'esplosione devastò gli uffici della Jewish Agency, provocando morti e feriti. Sulla strada che dall'Hadassah Hospital portava al Monte Scopus, venne attaccato un autobus: 78 ebrei, tra dottori, infermieri e tecnici di laboratorio, persero la vita.
Nel gennaio del 1948, i primi distaccamenti dell'Esercito arabo di liberazione entrarono in Palestina dalla Siria e dalla Giordania, e attaccarono villaggi ebraici.
Le Nazioni Unite accusarono gli arabi della guerra. La Commissione per la Palestina venne bloccata, sia dall'opposizione araba che dal rifiuto degli inglesi a cooperare, e non poté mai recarsi in loco per rendere la risoluzione effettiva; il 16 febbraio 1948 così riferì al Consiglio di sicurezza delle Nazione Unite: "Forti interessi da parte araba, sia dentro che fuori dalla Palestina, stanno ostacolando la risoluzione dell'Assemblea generale, e sono impegnati in un deliberato tentativo di alterare con la forza gli accordi ivi contenuti".
Gli arabi non sconfessarono mai la responsabilità. Anzi se ne attribuirono il merito. Il 16 aprile 1948, Jamal Husseini comunicò al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che: "Il rappresentante della Jewish Agency ci ha comunicato ieri che non erano stati loro ad attaccare, e che gli arabi avevano dato inizio alle ostilità. Noi non neghiamo tutto ciò. Abbiamo detto al mondo intero che eravamo intenzionati a combattere".
Il Consiglio di sicurezza si piegò alla provocazione armata e si astenne dall'applicare la risoluzione. Gli Stati Uniti proposero che la Palestina venisse affidata a un commissariato, in attesa di nuovi negoziati. L'Assemblea generale convocò una seduta speciale, ma la proposta statunitense non venne accettata. Fu invece deciso di inviare un mediatore.
La risoluzione relativa alla divisione del territorio non fu mai sospesa né abrogata. Rimase in atto, e lo Stato ebraico di Palestina, Israele, vide la luce il 14 maggio, quando gli inglesi lasciarono definitivamente il paese. A causa della reazione araba, lo Stato arabo-palestinese morì sul nascere. Gli eserciti di sei paesi arabi (Egitto, Siria, Giordania, Arabia Saudita, Libano ed Iraq) invasero immediatamente Israele, con l'intenzione di ricacciarlo in mare.
Il 15 maggio, Azzam Pasha, segretario generale della Lega Araba, annunciò al Cairo: "Questa guerra sarà una guerra di sterminio, ed avrà proporzioni tali che se ne parlerà come dei massacri mongoli sui Crociati". Le dichiarazioni che ho riportato, tutte rigorosamente datate, puoi facilmente trovarle in rete.

Oh, sia chiaro, non faccio certi discorsi perché condivido l'operato del governo israeliano. Ma se mi prendo la briga di scrivere queste cose è perché quella mediorientale è una questione molto complessa che non può essere liquidata con un semplice: "la Palestina esiste da sempre, Israele no".

Buon anno a tutti Very Happy

Mi viene quasi da chiederti se stai scherzando o dici sul serio.
E' naturale che i paesi arabi limitrofi volessero la guerra.
Dopo più di due decenni di banda Stern, Irgun et similia, dopo la Nakhba, quando 850mila palestinesi furono rimossi con la forza dalle loro case, deportati, uccisi a sangue freddo.....suvvia si serio.
Inoltre non ho mai detto che nessuno degli stati attorno ad Israele abbia voluto la guerra con Israele....ho detto che non ha MAI RISCHIATO LA DISTRUZIONE.
Tanto che sono bastati pochi giorni all'esercito israeliano per distruggere qualsiasi minaccia.
La potenza militare israeliana non lo è da oggi, ma da sempre, grazie soprattutto agli approvvigionamenti logistici assicurati fin dagli anni venti dal movimento fascista italiano e dai nazisti tedeschi con i quali, lorsignori, i "fondatori" dello stato israeliano, i sionisti, erano pappa e ciccia con tanto di accordi precisi per aiutare il cosiddetto (perchè si torna da dove si viene e non dove non si è mai stati) ritorno degli ebrei perchè, cito testualmente le parole del furer : "Il Reich e la gioventù sionista hanno un obbiettivo comune: una germania libera dagli ebrei"
E sono proprio queste brave persone che, con la forza, col terrore, con il terrorismo, hanno preso il potere in Israele dove tutt'oggi dominano.
L'estrema complessità della situazione medio-orientale non dovrebbe mai distogliere l'attenzione dal principio di fondo che gli arabi, tutti gli arabi della zona, hanno dannatamente ragione e Israele dannatamente torto.
Il motivo per cui gli stati arabi rifiutarono la risoluzione Onu è non solo evidente, ma del tutto legittimo visto che con quella risoluzione si è preteso "giusto" il dare a quella che allora era un misero 20% della popolazione complessiva della palestina, il 68% del territorio palestinese, ovviamente scelto tra i più ricchi di acqua, risorse e fertilità.
Israele non è stato un errore, ma un progetto cinicamente portato a compimento.
Oltretutto c'è ben poco da aggiungere a quello che è reso evidente dalla realtà dei fatti...
E la realtà è semplicemente questa:
PALESTINA LIBERA. E9f8ea2dbb61e43114fb10febabf4bab

La complessità sta soltanto nel trovare una via d'uscita da questa situazione ormai incancrenita da 60 anni e non nella comprensione di ciò che accade ed è accaduto, quello è tristemente evidente.
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MessaggioTitolo: Re: PALESTINA LIBERA.   PALESTINA LIBERA. EmptyGio Gen 01, 2009 9:40 pm

Hai scritto - senza offesa - un sacco di cretinate, ti sto rispondendo ma non so verso che ora finirò di scrivere. Sii paziente Very Happy

EDIT: posto domani, stasera non ce la faccio: pardon.
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MessaggioTitolo: Re: PALESTINA LIBERA.   PALESTINA LIBERA. EmptyVen Gen 02, 2009 2:09 pm

Facciamo un po’ di chiarezza, ce n’è davvero bisogno. Il punto di riferimento essenziale per cogliere il nodo storico della questione arabo-israeliana è il 1917, allorquando Lord Arthur J. Balfour, ministro degli esteri inglese, annunciò sotto forma di una lettera inviata il 2 novembre a Lord Lionel W. Rothschild, presidente onorario della Federazione sionista, che il governo di Sua Maestà vedeva con favore la fondazione in Palestina di “un focolare nazionale per il popolo ebraico”, anche se, continuava la Dichiarazione, “nulla sarà fatto che possa recare pregiudizio ai diritti civili e religiosi delle Comunità non ebraiche esistenti in Palestina o ai diritti e allo Statuto politico di cui godono gli ebrei in ogni altro paese”.
La Dichiarazione di Balfour, che affermava l’impegno del governo inglese di costituire in Palestina la sede nazionale del popolo ebraico, si inseriva nel contesto generale conseguente il crollo dell’impero ottomano dopo la Prima guerra mondiale. Infatti, la Dichiarazione servì alla Gran Bretagna per stabilire una testa di ponte nell’occupazione della Palestina, che avrebbe voluto sottrarre alla Francia nella divisione del Medioriente tra le potenze europee vittoriose. In effetti, tutti i Paesi arabi (Egitto, Arabia e zona della Mezzaluna fertile) cessavano di appartenere alla Turchia: si apriva così l’irrisolvibile nodo delle spartizioni e del riordino totale dei territori ex ottomani. Anzi, emergeva perentoriamente il problema della “creazione”, artificiale e ad hoc, di nuovi Stati, da stabilire equilibrando le radici storiche, le contingenze presenti e, soprattutto, gli interessi internazionali delle grandi potenze. La Società delle nazioni (Sdn) escogitò la formula dei mandati per risolvere queste contraddizioni, e incaricò appunto la Francia e la Gran Bretagna dell’amministrazione dei territori della Mezzaluna fertile per portarli all’indipendenza.
Del resto l’intenzione di adottare il criterio dei mandati, che svuotava il principio dell’autodeterminazione dei popoli presente nei 14 Punti di Wilson, era chiara già prima della Conferenza di pace di Parigi (18 gennaio 1919). Infatti, il 16 maggio 1916, un accordo segreto anglo-francese, definito “Sykes-Picot” (dal nome delle due personalità che lo trattarono), definiva le diverse spartizioni geopolitiche. In base all’accordo la Francia avrebbe amministrato la Cilicia, la costa siriana e libanese fino ad Akko. La Gran Bretagna avrebbe amministrato la Mesopotamia meridionale, compresa Bagdad, il Distretto di Bassora e, in Palestina, i porti di Akko e Haifa; la zona intorno a Gerusalemme sarebbe stata internazionalizzata così come Betlemme, Nazareth e le rive del lago di Galilea (con la soddisfazione della Chiesa cattolica). Il 6 giugno 1916, una volta conclusisi gli accordi, il potente emiro hashemita dell’Heggiaz e sceriffo della Mecca, Hussein Alì, dette vita alla rivolta del deserto nella quale si rese famosa la figura ambigua del colonnello Lawrence, agente britannico, noto come Lawrence d’Arabia (hai visto il film?). L’emiro Hussein aspirava all’indipendenza di un grande Stato formato da tutti i territori arabi dell’impero ottomano, e in questo progetto era sostenuto, o quantomeno benevolmente non ostacolato, dalla stessa Gran Bretagna, che, nel frattempo, aveva però sottoscritto l’accordo Sykes-Picot. Del resto l’emiro Hussein era confortato, nelle sue rivendicazioni, da una serie di promesse, documentate da uno scambio epistolare (agosto-ottobre 1915) con sir Henry MacMahon, Alto commissario inglese per l’Egitto.
La condotta politica che la Gran Bretagna seguì prima della Conferenza di Parigi era, se non spregiudicata, almeno ambigua, poiché assegnava giuridicamente un territorio che materialmente ancora non possedeva. Aveva fatto promesse agli arabi con il carteggio Hussein-MacMahon, poi ai francesi con l’accordo Sykes-Picot (confermato comunque dal presidente americano Wilson con la commissione King-Crane) e infine ai sionisti con la Dichiarazione di Balfour. [1]
Tuttavia, il crisma ufficiale alla sistemazione delle province ex ottomane (insieme alla contestuale pace con la Turchia) fu dato dalla Conferenza di Sanremo, che recepì il regime mandatario degli accordi anglo-francesi Sykes-Picot.
La Conferenza di Sanremo, convocata il 25 aprile 1920, attribuì alla Francia il mandato sulla Siria (compreso il Libano) e alla Gran Bretagna i mandati sulla Palestina e sull’Iraq, con l’obbligo di applicare la Dichiarazione di Balfour.
In particolare, l’Iraq fu separato dalla Siria, la quale fu divisa tra Gran Bretagna e Francia. Va ricordato che l’8 marzo del 1920, l’hashemita emiro dell’Heggiaz Faysal Hussein (figlio di Alì Hussein), incoraggiato dall’inglese T.E. Lawrence, si fece proclamare re della Siria, mentre suo fratello Abdullah diventava re dell’Iraq. La Siria, divisa tra Francia e Gran Bretagna, fu così spartita: alla Gran Bretagna venne assegnato il terzo più meridionale del territorio siriano con il nome di Palestina; alla Francia fu assegnato il restante territorio con il nome di Siria. Poi, sia la Gran Bretagna sia la Francia suddivisero i loro territori mandatari.
La Gran Bretagna, che nel suo mandato si vide inglobare dalla Sdn la Dichiarazione di Balfour, divise la Palestina in stati separati a est e ovest del Giordano. I territori a est del Giordano, staccati dalla Palestina, costituirono la Transgiordania, di cui Abdullah fu nominato emiro nel 1922, dopo l’approvazione del Consiglio della Società delle nazioni, mentre in Iraq gli inglesi sostituirono Abdullah con il fratello Faysal nell’agosto del 1921. La Transgiordania era così esclusa dai territori sui quali si sarebbe stabilito il “focolare nazionale ebraico”. I territori a ovest del Giordano, chiamati Palestina Cisgiordania, poi Palestina, sarebbero stati destinati, secondo la Dichiarazione di Balfour e i 28 articoli del 24 luglio 1922 della Sdn con cui si confermavano i termini del mandato inglese sulla Palestina, alla costituzione del focolare ebraico, visto anche il fatto che venne creato lo Stato arabo-palestinese della Transgiordania.
La Francia, nel luglio del 1920, in seguito al verificarsi di gravi disordini, si impadronì manu militari di Damasco e cacciò Faysal. Nel settembre del 1920 Parigi adottò una struttura frazionata basata sulle comunità religiose: due stati musulmani ad Aleppo e a Damasco, un territorio alla minoranza alawita (10% della popolazione, considerata eretica dai musulmani sunniti) nella regione di Latakia, un territorio del Djbel (Gebel) druso e il Grande Libano. Nel 1920 creò lo Stato del Libano, composto dal territorio di Tripoli, Sidone, Tiro e dalla valle della Bekaa, aggiungendoli al Sangiaccato. Il Libano sarebbe per sempre rimasto staccato dalla Siria (tanto è vero che nel 1936, con al governo parigino il Fronte popolare di Blum, venne firmato un trattato che prevedeva l’indipendenza del Libano a partire dal 1939, mai messo in pratica a causa dello scoppio della Seconda guerra mondiale). Il 5 dicembre del 1924 fu attuata un’altra riforma costituzionale: Aleppo e Damasco furono riunite e formarono uno Stato chiamato Siria cui vennero aggiunti la regione autonoma, già dal 1921, di Alessandretta, abitata dai turchi, e il Gebel druso.
Va ricordato, infine, che la Conferenza di Sanremo assegnò all’Iraq, e non alla Siria, il distretto petrolifero di Mossul, mentre l’Arabia saudita consisteva in circa 865.000 miglia quadrate di territorio che veniva designato come “puramente arabo”.
Considerando tutti i territori che erano stati dati agli arabi, Lord Balfour sperava apertamente che il lembo di Palestina a est e ovest del Giordano, destinato al popolo ebraico, non venisse ceduto a malincuore dai leader arabi. Del resto era lo stesso sentimento che attraversava la strategia del movimento sionista, che ritenne, una volta soddisfatti gli arabi, più facile per la Gran Bretagna dedicarsi a sviluppare l’insediamento del “focolare ebraico” su quanto era rimasto della Palestina. Ma così non fu.
La realtà storica è che la Gran Bretagna, una volta entrata in Palestina, sapeva perfettamente che il nodo della questione sarebbe stato costituito dall’amicizia con gli arabi; questa significava molto di più della Palestina stessa, poiché facilitava buone relazioni con vari paesi mediterranei e del Mar Rosso. L’espressione di tale posizione geo-politica era già rappresentata dal Memorandum Samuel del gennaio 1915, con il quale l’interesse inglese fu “collegato con una stabile presenza militare, e il territorio palestinese venne considerato come il bastione strategico a difesa del canale di Suez, contro eventuali intromissioni straniere”. [2] Al movimento sionista e agli ebrei non dovevano perciò essere fatte troppe concessioni. “La partita importante doveva essere giocata con gli arabi. Così gli arabi e in particolare i palestinesi – che ancor non sapevano di esserlo, perché la Palestina era sempre stata considerata come Siria meridionale, e che, durante la guerra degli inglesi contro i turchi, erano rimasti dalla parte dei turchi – si trovarono all’improvviso, senza rendersene conto, padroni della situazione”. [3] In sintesi, la politica dei mandati, che confermò il vecchio approccio colonialista delle grandi potenze (“divide et impera”), con il fatto di aver creato dal nulla e inventato a tavolino una serie di Stati condusse a equivoci che si sarebbero protratti nel corso del tempo. Tuttavia, storicamente, alcune questioni emergono chiare e distinte: non è esatto, visti i dati del riordino territoriale, riferirsi come unica spartizione della Palestina a quella del 1948 e affermare che Israele sorse su gran parte di essa, così come non è esatto parlare della Transgiordania come di un’entità separata allorché essa venne creata. Non è un caso che il termine Palestina, già nel corso degli anni trenta, incominciò a poco a poco a essere usato per indicare solo la Palestina occidentale, quella che si estende tra il Giordano e il mare (i famosi territori a ovest del Giordano). Perciò, mai, in alcun contesto storico o politico, il termine Palestina ha indicato le regioni di Samaria e Giudea.
Alla fine di questa prima spartizione, la Palestina perdeva un quarto della sua superficie, circa 18.000 chilometri quadri, per ridursi a circa 27.000 chilometri quadri. Contemporaneamente, la zona a est del Giordano, Transgiordania, perdeva via via la memoria storica del nome Palestina, e da emirato, il 28 marzo 1946, con la concessione dell’indipendenza da parte della Gran Bretagna, diventava regno con la proclamazione di Abdullah re di Transgiordania. Poi, nel 1949, la Transgiordania mutò il proprio nome in quello di Giordania, deliberando l’incorporazione della Palestina (o Cisgiordania, comprendente Giudea e Samaria nonché la parte vecchia di Gerusalemme, tra l’altro destinata dal piano di spartizione a far parte dello Stato palestinese) occupata dalle truppe giordane durante il primo conflitto con Israele (1948-49).
Tale decisione, seguita dall’altra di conferire la cittadinanza giordana agli abitanti di tutto l’ex mandato britannico che non fossero ebrei, suscitò le proteste degli altri stati della Lega araba, tanto che il 20 luglio del 1951 Abdullah venne assassinato da un nazionalista palestinese e gli successe, nell’agosto 1952, il nipote Hussein (deceduto il 7 febbraio 1999 e sostituito dal figlio Abdallah), il quale, in seguito a un ulteriore attacco a Israele nel 1967, perderà proprio i territori della Cisgiordania, facendo ritornare la Giordania nei confini del vecchio regno transgiordano.

Fine prima parte.


[1] Vanno ricordati, in tale contesto e in prossimità della Conferenza di Parigi, gli incontri di Faysal con Chaim Weizmann, capo dell’Organizzazione sionistica, che portarono all’accordo del 3 gennaio 1919 con il quale si escludeva la Palestina dal futuro stato arabo. Faysal, in una lettera del 1° marzo 1919 al leader sionista Frankfurter, ribadiva le posizioni parlando di uno stato arabo e della Palestina come terra interamente ebraica in cui gli arabi palestinesi avrebbero costituito una minoranza legittimamente e democraticamente rappresentata. Vedi J. Kimche, Il secondo risveglio arabo, Garzanti, Milano 1970.

[2] A. Marzano, Gli interessi inglesi e la prospettiva sionista: alle origini della Dichiarazione di Balfour, in “Nuova Storia Contemporanea”, novembre-dicembre 1997, p. 98.

[3] L. Sestieri, Gli ebrei nella storia di tre millenni, Carucci editore, Roma 1990, pp. 281 e ss.
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MessaggioTitolo: Re: PALESTINA LIBERA.   PALESTINA LIBERA. EmptyVen Gen 02, 2009 2:11 pm

“La storia della Palestina nel ventennio che sostanzialmente fu di preparazione alla Seconda guerra mondiale anziché di consolidamento della pace è segnata da ricorrenti cicli che, prendendo le mosse da avvenimenti politici inerenti alla sorte del territorio, passarono attraverso scontri armati tra arabi e sionisti o efferati massacri di ebrei, per concludersi con prese di posizione della Gran Bretagna, le quali anziché placare gli animi, in realtà ottennero un esito opposto”. [1]
In verità, la fase iniziale del mandato britannico con sir Herbert Samuel fu propizia al sionismo: mentre l’immigrazione media contava 10.000 ebrei l’anno, l’Alto commissario riconobbe il Fondo nazionale ebraico (Keren Kayemeth Leisrael che operava già nel 1905) e incaricò di collaborare con l’amministrazione britannica l’esecutivo dell’Organizzazione sionista, che era stato costituito secondo i dettami del Mandato, in attesa che fosse creata l’Agenzia ebraica, la quale fu fondata nel 1929 al Congresso sionista di Zurigo (dove fu eletto Weizmann), con il compito di rappresentare il popolo di Israele nel suo movimento di indipendenza. L’Organizzazione sionista, con le sue diverse anime (quella di sinistra, maggioritaria ma fortemente articolata al suo interno; quella della destra revisionista di Vladimir Zeev Jabotinsky, che si staccò dall’Esecutivo e fondò nel 1924 il Partito revisionista), dovette comunque affrontare i problemi sociali e difesivi dell’insediamento o yishuv, [2] dei quali si fece specialmente e concretamente carico l’Histadrut (Haovdim Haivriim Beerez Israelil), sindacato della Confederazione generale dei lavoratori Ivrì di Eretz Israel (degli ebrei di Palestina), fondata nel 1920, che con il suo attivismo comunitario e l’accentuato cooperativismo organizzò una rete di servizi pubblici e un nucleo di difesa, l’Haganah, [3] finendo per rappresentare uno Stato in un quasi-Stato. Parallelamente, però, aumentava l’avversione araba nei confronti della penetrazione ebraica in Palestina; avversione che trovò uno sbocco violento nel 1929 e che costituì la premessa alla ribellione araba del 1936.
Comunque, già la pubblicazione nel 1922 del Libro bianco di Churchill, segretario di stato alle colonie, sulla politica del Mandato, nonché il Rapporto Haycraft, contenente la conclusione dell’inchiesta sui disordini di quegli anni, ebbero come effetto una prima modifica della condotta britannica e, soprattutto, cambiarono lo spirito della Dichiarazione di Balfour. Benché il Libro Bianco “ribadisse la validità della dichiarazione e contenesse una clausola favorevole agli ebrei, secondo la quale lo stanziamento doveva avvenire per diritto reale e non per semplice tolleranza, vi si dichiarava che il governo non voleva trasformare l’intera Palestina in focolare nazionale, ma più correttamente fondare in Palestina “un” focolare di tal genere”. [4]
Che il clima di apertura nei confronti del sionismo fosse cambiato si deduce anche dalla nomina, come muftì di Gerusalemme, del reazionario feudatario nazionalista Haj Amin al Husseini, futuro alleato di Hitler e ostile all’ebraismo. Ancor più chiara fu la posizione degli inglesi e degli arabi nei confronti della aliàh (ritorno-ascesa) o immigrazione ebraica. Dopo la terza aliàh dei pionieri chalutzim, tra il 1919 e il 1924, pronti ad affrontare con alto spirito di sacrificio la vita secondo principi collettivistici, [5] si inasprirono le norme che stabilivano la concessione dei permessi di immigrazione in Palestina, possibile soltanto a coloro che dimostrassero di possedere 25.000 dollari. Così la quarta aliàh (detta aliàh Grabsky), a partire dal 1924, portò nel paese persone con caratteristiche sociali e ideologiche completamente diverse dalle precedenti. Ma è con la quinta aliàh, dopo l’ascesa di Hitler al potere tra il 1934-35 e l’inizio delle persecuzioni antiebraiche, che giunsero in Palestina un centinaio di migliaia di persone le quali raddoppiarono gli sforzi per bonificare e industrializzare la terra di Israele.
È in questo contesto che si radicalizzò la tensione tra arabi ed ebrei e la posizione politica inglese cambiò indirizzo. Infatti, l’articolo 6 del Mandato raccomandava al governo di Londra di incoraggiare l’immigrazione ebraica, mettendo a disposizione degli immigrati terre demaniali e zone incolte. L’amministrazione britannica al contrario, demandò agli arabi l’applicazione di questo provvedimento, lasciando liberi gli effendi latifondisti di continuare a speculare sulla cessione dei loro terreni privati, fatto che accelerò la disgregazione della società arabo-palestinese, nella quale si intensificarono i conflitti interni tra i diversi ceti (come accadde poi nella Rivolta araba del 1936-39), in particolare tra gli ayan (i maggiorenti) e i contadini, nonché tra i fellahin (gli agricoltori stanziali già presenti nell’Ottocento e dai quali trae origine la società palestinese) e le potenti famiglie arabe di proprietari terrieri. Insomma, il mandato britannico si rivelò carico di contraddizioni, con rilevanti effetti sociali e politici anche nella società palestinese. Politicamente, la partecipazione degli ayan alla vita del governo mandatario e la cooptazione di alcuni membri di importanti famiglie arabe (come i clan dei Nashashibi e dei Khalidi a Gerusalemme) che assunsero prestigiosi incarichi di distretto al servizio del governo, consolidarono il predominio dei notabili musulmani sulla popolazione rurale palestinese. Socialmente, poi, le istituzioni amministrative e governative britanniche influenzarono “i contadini in modo più diretto. Le finalità del governo mandatario nei riguardi della società di villaggio erano spesso identiche a quelle degli ottomani. Di fatto, gli inglesi adottarono apertamente l’ordinamento giuridico già in vigore – in modo specifico la legge ottomana del Vilayet, del 1913 – quale strumento per il governo della Palestina. Al pari dei turchi, essi cercarono di aumentare il gettito fiscale, di istituire un catasto più efficiente e di smantellare la comproprietà delle terre della musha [era, già alla fine dell’Ottocento, il sistema principale di comproprietà del villaggio, basato su una risuddivisione periodica della terra tra i vari clan]; nonché promuovere i mukhtar [è un sostantivo arabo traducibile con “capo”. Nei villaggi dell’entroterra palestinese, i mukhtar erano i capi di un clan o meglio di una hamula: un gruppo di arabi che avevano lo stesso cognome e vantavano la stessa discendenza da un comune antenato. I vari hamula erano in antagonismo tra loro]”. [6]
Alla fine degli anni venti, in questa contraddittoria e disgregata configurazione politica e sociale arabo-palestinese, l’impatto dell’ascesa del sionismo si rivelò determinante per ricostituire un punto d’incontro comune tra i notabili arabi e i fellahin, preoccupati per l’acquisto delle terre da parte degli ebrei. Il punto di incontro fu trovato, quasi naturaliter, nella valorizzazione dell’identità islamica in funzione antiebraica, con la conseguenza di riaccendere il mai sopito conflitto religioso tra arabi-musulmani ed ebrei, come ben dimostra l’episodio durante la festa di Yom Kippur del 1928. In quell’occasione “gli ebrei modificarono lo status quo erigendo una barriera divisoria fra uomini e donne in preghiera al Muro del Pianto. […] Questo semplice fatto fu sufficiente a scatenare un’interminabile controversia fra il Consiglio superiore musulmano e le autorità britanniche sul grado di autonomia di cui gli ebrei potevano disporre riguardo al Muro e all’area adiacente. Il Consiglio si fece portavoce degli arabi contro i sionisti proprio nel momento in cui il ciclo di congressi promossi dalle associazioni islamico-cristiane stava volgendo al termine”. [7] Così, nell’agosto del 1929, dopo un’incessante polemica riguardante riti e simboli religiosi, come il restauro dell’Haram al-Sharif avviato dal Consiglio supremo musulmano, la tensione esplose in gravissimi tumulti: “I musulmani lanciarono un appello alla guerra santa contro gli ebrei e le autorità coloniali britanniche, scontrandosi prima con gli uni e poi con le truppe inglesi, in molte località del paese. Le sommosse […] lasciarono sul terreno circa 250 fra arabi ed ebrei e più di 500 feriti. […] Gli eventi raggiunsero il culmine venerdì 23 agosto quando gli arabi, sobillati da voci di un imminente attacco sionista all’Haram al-Sherif, attaccarono i quartieri ebraici di Gerusalemme, Safed, Tiberiade e Hebron, popolati soprattutto da ebrei ortodossi antisionisti. Il luogo dell’orrore fu Hebron, dove il nucleo della sua vecchia comunità israelitica venne annientato dal massacro di 64 persone […]. Questo evento traumatico nei rapporti arabo-ebraici esacerbò, da allora in poi, le paure, i sospetti e i pregiudizi reciproci”. [8]
Tale clima diede il pretesto alla Gran Bretagna per pubblicare un nuovo Libro Bianco, che riesaminava il problema del “focolare ebraico”. Con il Libro Bianco di Passfield (1930), dal nome del ministro delle colonie, furono limitati gli acquisti di terre da parte degli ebrei e venne nuovamente modificato il criterio che regolava l’immigrazione ebraica: da allora in poi nell’esame della capacità di assorbimento demografico del paese si sarebbe dovuto tener conto anche della disoccupazione degli arabi. Anche se il Libro Bianco di Passfield fu reso nella prassi parzialmente inattivo in seguito a una lettera del primo ministro inglese Ramsay McDonald a Weizmann, l’attività del movimento sionista ne uscì gravemente limitata, mentre il nascente movimento nazionalista arabo compì, pur tra lotte interne dei notabili (si pensi alla rottura dell’obbedienza al proprio clan di Musa Kazim al-Husseini che si alleò con il clan antagonista di Ragib al Nashashibi contro il muftì Haj al-Husseini), tra violente manifestazioni antibritanniche e attivismo sociale, una significativa evoluzione, passando nelle mani di una generazione più giovane, che trovò, oltre alla convocazione a Jaffa del primo Congresso nazionale della Gioventù araba del gennaio del 1932, un’espressione nel nuovo ruolo svolto dalla shabab (“i reietti”), o “gioventù” arabo-palestinese rappresentativa del sottoproletariato urbano e, in particolare, nella costituzione dell’Istiqlal, Partito dell’indipendenza araba, fondato nel 1932 in Siria e in Palestina a opera, tra gli altri, dello sceicco siriano Izz al-Din al-Kassam, creatore delle prime forze di guerriglia clandestina palestinese, ucciso poi nel 1935 da truppe britanniche. L’Istiqlal, pur nella sua breve stagione, esercitò una forte influenza in Palestina e rappresentò lo stato d’animo degli anni trenta. “Il suo appello si basava su due semplici temi: la vecchia dirigenza “sonnolenta” dei notabili aveva dimenticato il popolo palestinese e solo l’imperialismo britannico aveva reso effettivo, se non addirittura minaccioso, il pericolo sionista. Il partito persuase i palestinesi a seguire tattiche più audaci, come per esempio dimostrazioni o boicottaggi politici e sociali”. [9] Una tattica questa che preannunciava la Rivolta araba in Palestina del 1936-39.
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MessaggioTitolo: Re: PALESTINA LIBERA.   PALESTINA LIBERA. EmptyVen Gen 02, 2009 2:13 pm

La Grande rivolta araba, [10] come fu definita dai suoi protagonisti che vollero idealmente collegarla alla rivolta del 1834, attribuendole un carattere nazionale che in realtà non possedeva (per gli inglesi si trattò di “malumori socioeconomici”, per gli ebrei rappresentò un vero e proprio pogrom), anche se indusse a importanti mutamenti sociali nel contesto palestinese, non ebbe quel necessario carattere di coesione civile e politica che rende comune una lotta patriottica per l’indipendenza. Di fatto, mancò quel minimo di omogeneità sociale che produce una coerente visione: anzi, le ataviche faide tra i villaggi, i conflitti tra popolazione urbana e contadini arabi, lo scarto tra ayan e la popolazione, così come le avversioni interfamiliari tra i notabili (si pensi alle divergenze inconciliabili dei Nashashibi e dei sostenitori di Amin al-Husseini) e tra questi e i contadini nonché i conflitti tra i contadini stessi ostacolarono il perseguimento di univoci obiettivi, tanto che il furore degli insorti si indirizzò contro i ceti privilegiati palestinesi. “Scioperi, tafferugli, assassinii si moltiplicarono. Gli arabi in rivolta erano divisi in diverse tendenze. Nelle campagne si diffuse una vera e propria rivolta contadina, pericolosa non solo per i sionisti, ma per i grossi proprietari arabi”. [11] Ciascuna “banda stabiliva di propria iniziativa, insieme ad altre, l’ammontare delle “tasse” che i ricchi palestinesi dovevano versare per sostenere la rivolta; e se rifiutavano di pagare li malmenavano o li uccidevano. […] Le bande presero inoltre di mira i drusi e i cristiani, accanendosi soprattutto contro questi ultimi, non solo perché molti erano ricchi commercianti, ma anche perché gran parte dei ribelli erano musulmani”. [12] L’uso prolungato della violenza spaventò notabili e ricchi palestinesi e fece venir meno quel rapporto tra la crescente organizzazione urbana del movimento di rivolta e il serbatoio di contadini pronti a combattere. Insomma, la mancanza di finalità politiche condivise e di una direzione unitaria (si pensi all’antagonismo tra l’Alto consiglio del comando dei ribelli delle colline al comando del siriano Fawzi el Kawakij e l’Alto comitato arabo guidato dal gran muftì) finì per far esplodere le contraddizioni interne al pur vigoroso moto arabo-palestinese (si pensi al sabotaggio dell’oleodotto per Haifa dell’Iraq Petroleum Company), cresciuto anche in forza dell’esitazione inglese a soffocarne gli sviluppi (la Gran Bretagna decise di intervenire sistematicamente solo dopo l’uccisione, da parte degli arabi di Nazareth nel 1937, del governatore reggente Lewis A. Andrews), “temendo che una repressione troppo violenta potesse scatenare per tutto il Medioriente una valanga di proteste, e in un momento in cui una ben orchestrata offensiva diplomatica tedesca stava facendo sì che la Germania hitleriana fosse sempre più ascoltata dagli arabi”. [13] In effetti, la Rivolta araba trovò nel mutato contesto internazionale un fattore di crescita decisivo: il crollo della Sdn dopo la conquista fascista dell’Etiopia e la propaganda filonazista in Palestina tramite agenti che stabilirono contatti con il gran muftì, portarono all’intensificarsi di violenti atti terroristici arabo-palestinesi contro villaggi ebraici (tra il 1936 e il 1939 morirono 517 ebrei per mano del terrorismo arabo). Non è un caso che dopo l’aprile del 1936, “sotto la direzione del muftì [Amin al-Husseini] si costituì un comitato [Alto comitato arabo] che godeva dell’appoggio degli stati limitrofi e di emissari nazisti; Fawzi Kawakij, un guerrigliero siriano-libanese, si recò in Palestina per organizzare la sommossa”. [14] Il 22 aprile 1936 il muftì, sulla scia dello sciopero di quarantacinque giorni iniziato in febbraio dagli arabi siriani contro i francesi, proclamò lo sciopero generale a oltranza (circa sei mesi), per ottenere la sospensione dell’immigrazione degli ebrei. La paralisi del porto di Jaffa “e il crollo del mercato agricolo non crearono problemi soltanto agli ebrei e agli inglesi, ma misero a dura prova anche gli arabi, specialmente quelli più poveri, che avevano difficoltà a procurarsi il cibo”. L’esercito e la popolazione ebraica mantennero una condotta cauta (la havlagah o “autolimitazione” come rinuncia alle azioni di rappresaglia contro gli attacchi arabi), anche se, contro la linea moderata dell’Agenzia ebraica, un gruppo di revisionisti-sionisti più radicali, facenti capo a Zeev Jabotinsky, aveva fondato l’Irgun Zvai Leumì, un’organizzazione militare nazionale clandestina pronta a reagire agli attacchi arabi. [15]
Questa situazione conflittuale indusse l’Alto commissario britannico a dichiarare fuorilegge tutte le associazioni e i partiti arabi di Palestina (il gran muftì riuscì a fuggire in Germania, dove divenne supervisore dei campi di concentramento e in seguito generale delle SS), mentre fu incaricata di indagare sugli avvenimenti un’ennesima commissione. La Commissione Peel (conosciuta anche come Royal Commission), del 1937, sostenne che gli obblighi assunti dal governo inglese erano impossibili da realizzare. Si affermava inoltre che l’immigrazione ebraica doveva essere limitata, nonostante avesse arrecato vantaggi alla popolazione araba, contrariamente a quanto sosteneva il nazionalismo arabo. Infine, la Commissione Peel suggeriva di dividere la Palestina in due stati separati tra le due comunità etniche, lasciando agli inglesi i luoghi santi delle tre religioni monoteistiche.
La proposta di spartizione (lo Stato ebraico sarebbe stato costituito in Galilea e nelle pianure; lo Stato arabo avrebbe compreso la Transgiordania e le zone montuose, con un porto a Jaffa) venne rifiutata nettamente dagli arabi, mentre l’Agenzia ebraica si divise. Svanita la speranza di creare uno Stato indipendente e fallita la Conferenza di Evian, convocata per risolvere il problema dei profughi ebrei in fuga dall’Europa, dove già nel 1939 erano cominciate le atrocità naziste e le persecuzioni degli ebrei (nel 1938 in Italia erano entrate in vigore le leggi razziali), la Gran Bretagna si decise nel marzo 1939 a convocare una conferenza a Londra, sotto la presidenza Chamberlain, per discutere del futuro assetto della Palestina. La conferenza fu viziata dal rifiuto arabo di sedersi allo stesso tavolo con Weizmann, Ben Gurion e gli altri delegati sionisti. Ne uscì, nel maggio del 1939, comunque, un nuovo Libro Bianco di Malcom Mac Donald, pieno di restrizioni nei confronti degli ebrei, come quella di non ammettere in Palestina più di 75.000 ebrei nell’arco di 5 anni e di sottoporre ogni decisione al consenso degli arabi. Per di più, si precisava che l’Inghilterra avrebbe costituito un Stato palestinese indipendente a maggioranza araba entro dieci anni.
Netta fu la reazione ebraica al Libro Bianco. Il XXI Congresso sionistico, nell’agosto del 1939, si aprì a Ginevra in circostanze tragiche: l’inaudita “soluzione finale” nazista era cominciata, i consolati stranieri erano affollati di ebrei alla disperata ricerca di un visto per espatriare, mentre molti paesi, tra cui Francia, Svizzera e Olanda, chiudevano le frontiere ai profughi. A conclusione del congresso, il Libro Bianco fu respinto come “violazione della parola data” e tutta la popolazione ebraica aderì a manifestazioni di protesta e a uno sciopero antibritannico. L’Haganah (Difesa), già presente nel 1920, costituì un’unità speciale con il compito di sabotare tutte le proprietà del governo nonché di organizzare un’autodifesa ebraica. Assunse, inoltre, la responsabilità dell’immigrazione clandestina (aliàh beth): a questo scopo creò il Mossad, o Ente per l’immigrazione parallela.
Lo scoppio della guerra congelò l’aperto conflitto con l’Inghilterra, tanto che gli ebrei di Palestina, tra il 1940-45, si unirono alle forze alleate nella lotta contro i nazisti e, parallelamente, continuò la storia dei profughi clandestini che sarà definita “una guerra dentro la guerra”. [16]


Fine seconda parte.


[1] F. Steinhaus, La terra contesa. Storia dei nazionalismi arabo ed ebraico, Carucci editore, Roma 1985, p. 102.

[2] Vedi M. Toscano, La “Porta di Sion”. L’Italia e l’immigrazione clandestina ebraica (1945-1948), il Mulino, Bologna 1990.

[3] L’Histadrut, uno dei pilastri dello Stato israeliano, rimase tale fino al 1966, anno nel quale tolse ufficialmente la parola “ebrei” dalla sua dizione. Pur essendo interamente ebraica, i suoi dirigenti propugnavano l’emancipazione dei lavoratori arabi, tanto che fu creata la Lega palestinese per il lavoro, che comprendeva sia l’Histadrut sia un migliaio di operai arabi, e fu per qualche tempo pubblicato un giornale in lingua araba.

[4] F. Tagliacozzo, B. Migliau, Gli ebrei nella storia e nella società contemporanea, La Nuova Italia, Firenze 1993, p. 191.

[5] Gli immigrati chalutzim, organizzati dai movimenti sionisti dell’Hechalutz fondata da Joseph Trumpeldor, dello Zeiré Zion e dell’Hashomer Hatzair, crearono il nuovo sistema di vita nella collettività agricola, il kibbutz, rifiutarono inoltre ogni diversificazione di ruolo tra uomo e donna, ispirandosi oltre che al socialismo costruttivo al movimento anticonformista tedesco dei Wandervogel.

[6] B. Kimmerling, J.S. Migdal, I palestinesi: la genesi di un popolo, La Nuova Italia, Firenze 1994, p.31.

[7] Ivi, p. 90.

[8] Ivi, pp. 90-91.

[9] Ivi, p. 96.

[10] L’occasione che dette l’avvio alla Rivolta araba fu l’assassinio di due ebrei il 15 aprile 1936: alla rappresaglia ebraica con due arabi uccisi seguì un ciclo di violenze arabo-palestinesi destinato a trasformarsi in sollevazione.

[11] M. Rodinson, Israele e il rifiuto arabo. Settantacinque anni di storia, Einaudi, Torino 1969, p. 38.

[12] B. Kimmerling, J.S. Migdal, op. cit., pp. 121-122.

[13] P. Maltese, Nazionalismo arabo e nazionalismo ebraico. 1798-1992, Mursia, Milano 1992, p. 125.

[14] F. Tagliacozzo, B. Migliau, op. cit., p. 199. Cospicui finanziamenti in decine di migliaia di sterline oro e dollari oro furono consegnati al gran muftì e al primo ministro iracheno dalla Germania nazista, come poi risultò dagli atti del processo contro i diplomatici del ministero degli esteri tedesco, celebrato a Norimberga nel 1948.

[15] Dal novembre 1937 al febbraio 1939 l’Irgun raggiunse il culmine delle sue operazioni, tanto che Arthur Koestler, nel suo Promise and Fulfilment, scrisse che “le perdite arabe furono uguali a quelle ebree degli ultimi mesi”.

[16] R. Balbi, Hatikvà. Il ritorno degli ebrei nella terra promessa, Laterza, Bari 1983, p. 110. Mentre nel primo mese di guerra ben 119.000 ebrei palestinesi su una popolazione di mezzo milione si arruolarono in unità speciali a fianco degli Alleati, nel 1940 il gran muftì Haj Amin al-Husseini e il filonazista Rashid Alì, salito al potere in Iraq con un colpo di stato, si misero a capo di uno schieramento arabo fiancheggiatore della Germania nazista. Una unità araba divenne parte della Wehrmacht e combatté sul fronte russo nel 1942. Nel 1944 fu costituita una Brigata palestinese ebraica, formata da tre battaglioni, che con la bandiera sionista combatté al fianco delle armate inglesi (VIII armata). Amin al-Husseini collaborò poi al reclutamento di 20.000 musulmani nella divisione delle SS islamiche della Bosnia (Haudjar), responsabili insieme agli ustascia e ai nazisti della persecuzione degli ebrei locali. Il muftì fu condannato come criminale di guerra, ma riuscì a riparare a Il Cairo. Va ricordato, altresì, che la Legione Araba transgiordana fu collegata al dispositivo alleato.


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